Massimo, innanzi tutto complimenti per il grande successo anche di quest’ultima edizione di Rossese Style. Cosa ha ispirato la nascita di un evento di questo tipo?
L’origine dell’evento e’ stata casuale. Si discuteva con alcuni giovani produttori (tra cui Maurizio Anfosso di Ka’ Mancine) sulla difficoltà’ del Rossese di uscire dal proprio territorio e così abbiamo pensato di invitare un giornalista come Franco Ziliani e di proporgli una degustazione di alcuni produttori per potere avere un’opinione diversa.Poi da cosa nasce cosa ed insieme a Fabio Ingrosso abbiamo incominciato a pensare più’ in grande e di invitare bloggers e sommeliers francesi. Abbiamo trovato la splendida location della chiesa vecchia diBajardo (che è il paese di mio papà) ed insieme al vulcanico sindaco, Jose Littardi, abbiamo organizzato la prima edizione. E’ stato un successo. Incredibile, il Rossese incominciava a varcare i confini locali; casualmente poi il Gambero Rosso ha insignito un Rossese dei suoi tre bicchieri ( Maccario-Dringenberg)
Quali sono stati e quali sono oggi gli obiettivi di una manifestazione come Rossese Style?
Gli obiettivi erano e sono rivolti alla valorizzazione di uno splendido vitigno autoctono e del suo territorio, per far uscire entrambi dal limbo che ne limita la conoscenza alla sola Liguria.
Sicuramente l’obiettivo e’ di valorizzare il vino e la splendida terra che gli fa da cornice. Il vino merita di essere «scoperto» e bisogna dare una mano ai giovani produttori che si lanciano in una sfida molto difficile (in considerazione della location delle vigne e delle inevitabili difficoltà della loro lavorazione) ma molto affascinante
Siete soddisfatti dell’edizione di quest’anno?
Quest’anno l’edizione e’ andata bene, si sono visti produttori giovani come Roberto Rondelli eLuca Dallorto, persone come Mario Muratore, che dopo una vita trascorsa come chef executive dell’Hotel de Paris (a Montecarlo, insieme ad Alain Ducasse), e’ ritornato alle origine coltivando una vigna e proponendo il suo vino. Ci sono state le conferme dei vari Terre Bianche, Maccario, Anfosso, Ka Mancine, Altavia e via dicendo. La partecipazione, soprattutto francese, e’ stata notevole: trovo che il Rossese interessi parecchio oltralpe, dove spesso lo paragonano al Pinot Noir. Per il prossimo anno sto studiando una formula per renderlo ancora più internazionale ed interessante, coinvolgendo i produttori francesi ed alla fine bisognerebbe premiare il vino che ha riscontrato più consensi.
La partecipazione straniera e’ stata notevole, segno che l’interesse verso i vitigni autoctoni italiani sta aumentando
Qual è la difficoltà maggiore da superare per il Rossese?
Attualmente il Rossese fatica ad uscire dai propri confini. E’ ancora visto come il vinello da consumare quando si viene in vacanza nel Ponente Ligure. Bisogna capire l’importanza di manifestazioni come il Rossese Style che permettono di fare conoscere e di fare parlare del Rossese anche oltre i confini regionali
Esiste un turismo enogastronomico del Rossese?
Non esiste ancora un vero e proprio enoturismo legato al Rossese, come accade in altre realtà, come la Toscana e Piemonte (tanto per citarne due). Speriamo di smuovere un po’ le acque in questo senso. Non esiste ancora un percorso legato al vino oppure all’olio (della splendida monocultivar taggiasca), I turisti vengono a visitare i borghi e poi, magari, fanno un salto nei punti vendita del vino e dell’olio. E’ tutto ancora nebuloso, poco o niente organizzato. Speriamo di riuscire a dare un contributo per incrementare l’enoturismo.
Cosa si sta facendo concretamente per unire le forze tra produttori del Rossese?
I produttori del Rossese non sono ancora riuscita a dare un’identità comune a questo vino.
Credo dovrebbero formare delle associazioni (per la verità esiste già un’associazione delle vigne storiche del Rossese) per andare tutti insieme alla ricerca dell’identità del vino. Mi sembrano ancora un po’ spaesati: cercano di inseguire chimere come il Pinot noir mentre dovrebbero concentrarsi sul loro splendido prodotto. Da quest’anno c’è una specie di caveau dove potere lasciare le diverse annate e potere avere un riscontro futuro sulla capacità di invecchiamento del vino.
giovanna maccario
8 settembre 2010
non penso di aver vinto “casualmente i tre bicchieri” il lavoro della nostra azienda è stato enorme e lo è tuttora. sono 17 anni che insieme a mio marito ci occupuiamo di vino, di rossese lavoriamo in prima linea e sulla nosta pelle, rischiando ogni giorno e inseguendo la chimera del vino perfetto che non esiste.
per quanto riguarda l’associazione “vigne storiche del Rossese di Dolceacqua” è nata circa 5 anni fa fondata da sette aziende che hanno voluto unire i propri sforzi per promuovere il Dolceacqua al difuori del nostro territorio, p ecc. ora siamo in 12 e più uniti che mai .
giovanna
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vinieterroir
9 settembre 2010
il “casualmente” non era rivolto al vostro vino, che finalmente è stato premiato con i tre bicchieri, ma è incentrato su tutti gli sforzi che le varie manifestazioni hanno fatto per fare parlare finalmente del rossese ( Tesori della Riviera, Le Nicchie del Rossese, Rossese Style etc etc). Sai benissimo che il ” far parlare” ( nel bene o nel male) alla fine può essere solamente positivo per una realtà come la vostra/nostra del ponente ligure. Per quanto riguarda l’Associazione è positivo già il fatto che diversi produttori si sono uniti con un unico scopo: promuovere e fare conoscere il rossese di Dolceacqua. State crescendo bene e bisogna continuare così su questa strada. 🙂 🙂
Massimo
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gianniguglielmi
13 settembre 2010
penso che siamo sulla strada giusta,il dolceacqua è di rango nobile e lavorato bene si fara strada, i nuovi produttori hanno capito il cammino……………
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vinieterroir
14 settembre 2010
Perfettamente d’accordo con te Gianni.
La strada e’ questa 🙂
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